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Settimana della moda di Parigi SS’16, estetica della femminilità

Backstage at Rochas Spring 2016 Rochas SS'16

Settimana della moda di Parigi SS’16 siamo al 6° giorno e mentre scrivo mancano ancora Giambattista Valli, Saint Laurent, Chanel, Valentino, Louis Vuitton e Miu Miu. In realtà ne mancano molti altri, ma certamente quest’ultimi sono quelli che aspettiamo come un bambino aspetta i regali di Natale – Ça va sans dire, per rimanere in tema.

Settimana della moda di Parigi SS’16 ultima solo in ordine cronologico

Settimana della moda di Parigi SS’16, la “piattaforma digitale avanzata” (Il Manifesto), il luogo dove sì dà spazio alle voci fuoricampo, anche alle più stonate – e provo a dirlo senza accendere un dibattito già vivo sulle donne zaino di Rick Owens: metafora del fardello che porta la donna negli anni 2000 o trovata pubblicitaria? –  e alla femminilità declinata in materiali soffici come la neve e dai colori pastello e accesi come una collina di delphinium blu [Dior].

La Settimana della moda di Parigi SS’16 fa parte delle Big Four, ma è non solo l’ultima a sfilare in ordine cronologico, è stata anche l’ultima ad essere istituita nel 1973, dopo New York l’apripista del 1943, Milano nel 1958 e Londra nel 1961.

Ogni Settimana della Moda ha il suo carattere. La New York Fashion Week  è stata istituita poco prima della seconda Guerra Mondiale, per protesta alla Moda Francese non più importabile oltreocenao. E’ lo show biz Americano per eccellenza: dalla sua reginetta d’onore Anna Wintour, che secondo wikipedia ha uno stipendio annuo di 2.000.000 di dollari, alla democrazia \ meritocrazia non solo apparente che fa dell’American Dream una realtà ancora attuale e tangibile.

Poi c’è la London Fashion Week, quando è nata rispecchiava una moda giovane e in rapida evoluzione, è forse quello che fa tuttora soprattutto se paragoniamo i loro giovani designer ai nostri: vedi Mary Katrantzou o l’emergente Marques Almeida – ma questa è un’altra storia.

Solo infine ci sono Milano e Parigi. Loro sì che si sono sempre contese lo scettro della Moda non solo d’ Oltralpe, come citerebbe qualche libro di Storia della Moda.

Ma chi sono i protagonisti della Settimana della moda di Parigi SS’16

Se pensi a Milano pensi a Gucci, Prada, Armani, Blumarine, Dolce & Gabbana, solo alcuni dei marchi 100% Italiani con a capo direttori Creativi Italiani prodotti in Italia. E’ il nostro made in Italy di cui possiamo andare a testa alta – nonostante gli attacchi continui e le spine nel fianco dell’Italietta di pochi.

Ma se pensi a Parigi a cosa pensi? Chanel, totalmente made in Italy e in mano a un direttore creativo Tedesco.
Dior e la sua idea di purezza e classica femminilità, sempre nelle mani di un Tedesco. Saint Laurent che rimane nelle mani di un Francese, Heidi Slimane, e Valentino che, pur essendo Italiano doc,  sceglie la passerella Parigina per il suo Italian Style come fa Miuccia con la sua giovane Miu Miu. La fanciulla di Prada, fondata nel 1993, presenta qui le sue collezioni ecletticamente bonton.

Parlando di Settimana della moda di Parigi SS’16 potrei dire, cercando di non essere troppo autoreferenziale verso quell’esplosione dilagante che è l’ispirazione verde, e parlando per ammirazione di uno strepitoso savoir faire che la mia TOP 3 al 5 ottobre 2015 è:

Dior con Raf Simons, Rochas con Alessandro dell’Acqua e Dries Van Noten con se stesso, “uno degli stilisti più cerebrali”, come lo definisce il New York Times.

Diorshow SS 2016 donnaSettimana della moda di Parigi SS’16

Di Dior ho già parlato qui e la mia profonda ammirazione nasce tout court da quella capacità di creare un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. Da una idea di spazio architettura \ natura –un brano di paesaggio del Sud della Francia ricreato nel cortile del Louvre che ci invita a fermarci, riflettere e pensare – ad abiti lontani dall’idea di esistere una sola stagione, ma destinati a durare nel tempo. “Mi sentivo di fare qualcosa di calmo, tranquillo e bello, e sensibile e romantico”  ha detto Raf Simons nel nackstage.

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Di Rochas nelle mani di Alessandro dell’Acqua che quest’anno lascia libere le sue rondini, ma continua a ricordarci, insieme a Raf Simons, che nel mondo del fast fashion – con tutto il rispetto per Jeremy Scott – esiste una moda altra. Fatta di pause e tempo per assaporare abiti che non sono spettacolarizzazione, ricami eccessivi e voglia di colpire al primo istante, ma sintesi di tessuti e tecniche portate all’eccellenza. Non importa che la società stia diventando più casual, lui continua a fare vestiti da donna per le donne.
Se fosse un teorema ci dimostrerebbe che l’overdressing sa essere un’arte delicata fatta di combinazioni \ opposizioni.
Femminilità in silhouettes sportive, romantici fiocchi su crop top, gonne in seta abbiante a tessuti e ricami sontuosi ravvivati da paesaggi esotici. Spiagge e lussuregganti giungle. Abiti sottoveste, blazer oversize e canottiere.

Settimana della moda di Parigi SS’16

E sempre nel  tema dell’overdressing colto e intellettuale si inserisce anche Dries Van Noten. La sua estetica è iper decorata. Le sue non sono stampe all over, ma abiti costruiti intorno all’idea di wallpaper sublimata nei guanti tatuaggio pendant con le mini pochette.

Ci sono le dissonanze che cominciano con i violini e gli strumenti del quartetto, il gusto retrò nei capelli, nelle forme, nei broccati e nei jacquard. Ci sono tutti componenti classici dello stilema ladylike, ma i significati diventano sorprendenti e innovativi: cappotti corti con maniche a tre quarti, camicie bonton, full skirt, pantaloni, blazer e reggiseni come crop top.

Un connubio di dissonanze in quel riuscire ad essere bohémien e incredibilmente sartoriale; romantico \ intellettuale e così avanguardista. Se fosse un movimento sarebbe uno di quelli della Secessione Viennese dove la sensualità e l’opulenza diventarono un’esperienza totalizzante prima ancora di essere un ideale estetico.

Backstage at Dries Van Noten Spring 2016 Backstage at Dries Van Noten Spring 2016 Backstage at Dries Van Noten Spring 2016 Backstage at Dries Van Noten Spring 2016

Backstage photo credits: WWD