La parola viene lasciata agli abiti, i veri protagonisti, dall’inizio alla fine.E si inizia con il romanticismo. Quello che ancora una volta ispira e dà respiro alla collezione disegnata da Giulia – la giovane figlia di Antonella – il cui sorriso, velato di timidezza, mi accoglie nel backstage di fine sfilata con la domanda di rito, “al volo dimmi quale abito ti è piaciuto di più?” – e io, ancora una volta, “il total black, trasparente e sottilmente sensuale”.
Romanticismo portato in scena da abiti leggeri e soavi.
Pizzi e merletti tipici della ‘robe de chambre’ abbinati a colori intensi come il blu petrolio e il rosso terra bruciata, che sa di materico e intenso e culmina nell’arte figurativa di Marco Zappa che prende vita tra le pieghe.
Dolce e ovattato è il passaggio alle stampe floreali su tessuti lucidi e seducenti. Gli scolli profondi e gli spacchi pronunciati sulle linee morbide e impalpabile, parlano di una donna che usa la sua femminilità in maniera discreta, senza urlare.
Questo il mood di metà della sfilata che cerca di dare sembianze quasi umane alla divina Beatrice descritta da Dante, ma che raggiunge il suo climax sulle note di Chandelier di Sia.
Vestiti in ‘total noir’, ma con effetto nude che rende le trasparenze un gioco intrigante di vedo e non vedo.
Si adattano come una seconda pelle alla silhouette delle modelle, senza segnare o scolpire, promettendo di adeguarsi ad ogni donna per sottolineare che la femminilità e la bellezza, appartengono a tutte le donne, proprio come pensavano i poeti del Dolce Stil Novo.
Ma è l’amore il fil rouge tra tutti gli abiti. L’amore portato in scena in tutta la sfilata che si concretizza simbolicamente nell’uscita finale con l’abito da sposa, fatto di strati di romantico tessuto ricamato ‘ton sur ton’, che fa pensare al passato con quel sapore vintage e romantico, ma che sa di nuovo e di inatteso.
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