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Capitolo primo Vogue Italia. Lo avete letto? Ecco come la penso

Capitolo primo Vogue Italia. La rivista nata nella versione italiana nel 1966, e diretta da Carla Sozzani dal 1988, ha appena iniziato la scrittura di un altro capitolo. Luglio 2017 sarà per sempre ricordato come il nuovo inizio.

Comincia una nuova storia […] Il giornale si trasforma per raccontare storie nuove, con parole nuove […] Cambia la grafica: poche immagini ma rilevanti […]. È nuova la carta e il formato. È nuova la struttura.

Il manifesto di Emanuele Farneti nel capitolo primo Vogue Italia

Molti di noi, compresa me, sono anni che non comprano Vogue. Chi per protesta, chi per pigrizia e chi per non piegarsi a quella supremazia e gioco di potere che la rivista ha rappresentato per decenni.

Questo primo numero, però, merita di essere acquistato e, ovviamente, letto. Per dare fiducia, per comprendere, perché rimarrà nella storia o anche solo per curiosità.

Nella premessa del capitolo primo Vogue Italia la parola “nuova” viene ripetuta in maniera quasi ossessiva

Nella premessa che Emanuele Farneti fa ci sono molte cose insieme.  Prima di tutto una serie di ripetizioni che enfatizzano, quasi nel tentativo di autoconvincersi, la parola nuova. Le sue sono a tratti parole dovute. Frasi che non potevano mancare, dalle quali traspaiono sensazioni non dette, ma sottese. E poi spiegazioni, giustificazioni e precisazioni.

Cosa è il nuovo Vogue Italia?

Un magazine e come tale, a differenza dei social,  seleziona le immagini giuste. Non le accumula. Le ordina. Ecco la prima spiegazione dovuta in un contesto di crisi della carta stampata. I magazine non sono alternativi ai social, ma complementari. Amara accettazione di convivenza, riconoscendo il ruolo che internet e i suoi derivati si sono presi a discapito del vecchio primato.

Già nel lontano 2009, Business of fashion aveva notato che i lettori stavano migrando online e che si preparavano tempi duri per le riviste tradizionali. A distanza di 8 anni, nell’incipit di una nuova era, risulta quasi doveroso, per quanto semplicistico così relegato in un inciso tra due parentesi tonde, questa precisazione.

Giustificazioni: le pagine sono colorate perché c’è bisogno di gioia e bellezza piuttosto che di rigore e freddezza.

Ma prima non lo erano?

In realtà sfogliando questa interessante elaborazione grafica di una tesi di laurea sull’evoluzione della rivista, si capisce che questa frase è più una dichiarazione di intenti.

Precisazioni: la carta è più preziosa e il formato, ampio e spettacolare. Effettivamente il nuovo format colpisce, ma quasi quasi non era meglio puntare su una carta dignitosa, ma riciclata invece che pregiata?

Capitolo primo Vogue Italia, emanuele farneti per vogue, prio numero di vogue

I contenuti del capitolo primo Vogue Italia

Comunque se le apparenze ingannano e confondono, i contenuti ci sono. Non più solo articoli celebrativi, ma punti di vista differenti che spaziano dalla moda all’arte, dalla letteratura ai progetti creativi.

Come il punto di vista d André Aciman, scrittore statunitense, che ci racconta problemi e soluzioni di un uomo contemporaneo.

Il questionario, ispirato a quello di Proust, proposto a Paolo Sorrentino, che ricorda che una delle cose più interessanti da cercare è sempre l’intelligenza.

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L’intervista a Naomi Campbell in occasione dei vent’anni dalla morte di Gianni Versace. L’articolo di Raffaele Panizza è quasi commovente. Per il modo in cui ha celebrato il ricordo di un grande stilista attraverso le parole di chi lo ha conosciuto bene. Un misto di stima, affetto e innegabile riconoscenza. Indimenticabile come la memoria di quei tempi. Tempi fatti di professionalità, unicità  e totale bellezza.

Capitolo primo Vogue Italia, emanuele farneti per vogue, prio numero di vogue

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Le storie del primo capitolo

Ci sono poi storie interessanti come quella del brand italiano René Caovilla. E progetti creativi importanti come F is for, il programma di Fendi dedicato ai millenials.

Belli gli editoriali.

Capitolo primo Vogue Italia, emanuele farneti per vogue, prio numero di vogue

E poi c’è un articolo che mi ha colpito sugli altri. Soprattutto per il tema trattao.

Tutto e niente è originale di Angelo Flaccavento.

L’accento è sull’importanza della figura dello stylist. Di come sia difficile inventare, oggi, qualcosa di nuovo, ma di come si possa assemblare in infiniti modi. Un po’ quello di cui viene accusato Alessandro Michele per Gucci.

E quello che auguro a questo nuovo Vogue: di non cercare di essere quello che oggi non si può più essere, ma di provare a dare voce a volti differenti. Colti e super partes con l’autorevolezza che è propria della rivista.   Capitolo primo Vogue Italia, emanuele farneti per vogue, prio numero di vogue