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Storie di webmarketing ai tempi dei social. Ascoltate Platone

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Storie di webmarketing (fallite) ai tempi dei social. E degli influencer, se è ancora lecito pronunciare questa parola. Non so ancora se è una tesi o un’ ipotesi. Un assioma forse. O una sparata a caldo.

Il contesto lo conosciamo tutti. Quello del webmarketing 2.0.

Quello del scelgo la modella, il testimonial, il blogger e forse anche il giornalista che ha più seguito. Lo stesso che spinge American Airlines a offrire una giornata da vip nel suo club a chi “è uno che conta sui social”.

Quindi se hai più di 100 k (100 x 1000 = 100.000 follower) allora probabilmente verrai scelto per partecipare ad eventi importanti. Con che ruolo e a che titolo è difficile capirlo. Ufficialmente il concetto è: se hai tanto seguito e parli di ciò che ti propongo sui tuoi canali, mi farai pubblicità e diventerò tanto famoso, anzi uno che conta proprio come te.

Fin qui non fa una piega.

Però.

Alcuni aspetti che caratterizzano  le storie di webmarketing ai tempi dei social

Pochi si basano, oltre che sul numero di seguaci, anche sulla reale interazione – engagement – creato dalla produzione mediatica del social vip coinvolto. Nel caso sopra citato American Airlines ha studiato un algoritmo che pesa vari fattori come il valore di retweet, oltre il numero di follower.

Ancora meno ragionano in anticipo su cosa verrà prodotto in termini di story telling, immagini pubblicitarie, racconto, peculiarità tipiche dei testimonial scelti.

Su cosa si punterà? Ci sarà un racconto mirato ad esaltare l’identità del marchio?

Così brutalmente mi viene da rispondere: no non ci sarà! Molto probabilmente sarà l’ennesimo elogio della vanità. Oltre e altro rispetto alla necessità di solitudine e voglia di introspezione del singolo “me, myself, and I” di Beyoncé.

Scenderò ancora più nel dettaglio.

Storie di webmarketing ai tempi dei social: ecco un esempio

Che nessuno si senta coinvolto, non ci saranno nomi, ma solo un comportamento tipico di alcune strategie di webmarketing ai tempi dei social.

CASE STUDY:

Una meravigliosa località turistica, molto lontana da qui, decide di chiamare una serie di influencer (non so esattamente quante) per la maggiorparte italiane. Penso tutte donne. Le fortunate prescelte, tutte con più di 100k volano dall’altra parte del mondo e ben informate su hasthag e profili da taggare cominciano a collezionare foto – o meglio instanti – nei loro profili.

Tali foto hanno come soggetto primario le protagoniste del viaggio, come sfondo paesaggi e pezzi fuori scala. Decontestualizzati. Senza identità. Belli sì, ma senz’anima. Così posti meravigliosi (mi permetto di parlare perché conosco la forza evocativa e non solo di quei luoghi) diventano sfondi sbiaditi, quasi anonimi che fanno da cornice a corpi più o meno scolpiti. Più o meno scoperti. Ad abiti prestati. A scambi e resi di favori.

Ma queste immagini non dovrebbero spingerci a comprare un volo per andare olteoceano investendo tempo e denaro? Senza la geolocalizzazione probabilmente non capirei neanche dove ci troviamo.

E’ per gli amanti del mare e sole anche in inverno? Per chi ama la storia? Per chi vuole combinare avventura e relax? Si fa snorkelling? Chi sono gli abitanti?

O è forse solo la meta ideale per chi vuole scattare foto simili da condividere sui social?

Questo è ideale di vita che dovrebbe ispirarci, appassionare noi teste pensanti del XXI secolo?

ISPIRARE CHI?

Probabilmente altri blogger, influencer che bramano di poter partecipare a tali eventi esclusivi, magari gratis. Dubito turisti, quelli veri. Appassionati di viaggi, avventure. I collezionisti di emozioni. Quelli che risparmiano soldi un anno per partire e contano i giorni che mancano sul calendario. Proprio come un carcerato in attesa della libertà.

Qui preciso, per non essere fraintesa: le belle foto attirano, come qualsiasi bell’oggetto.

“Gli oggetti belli ci sussurrano verità importanti” – Platone

Le auto si sono sempre vendute con una donna vicino come memento della preda che sarai in grado di conquistare. Idem i profumi o i biscotti del Mulino bianco con la vincente idea di famiglia felice.

Penso che qui però manchi ancora qualcosa. Prendiamo persone vere per avvicinarci alla gente comune e otteniamo il risultato di allontanarla anni luce.

Ecco perché entra Platone nelle storie di webmarketing ai tempi dei social

Il punto non è tanto chi scegliere o costruire un contesto a tavolino. Il punto è pensare. Essere consapevoli di ciò che si sta facendo.

Lo diceva Platone nel 428 a.C.

Cosa diceva? Insegnava al suo popolo come essere felice con poche regole. Cosa c’entra la felicità con le storie di webmarketing ai tempi dei social? C’entra perché l’Eudaimonia di Platone può essere una ossessione (cit Elisa Bellino). Suggerirla come claim pubblicitario forse una idea vincente.

La prima regola secondo Platone, pensa di più. Bisogna pensare e non lasciarsi andare per capire come condurre la propria vita evitando stereotipi e cliché (la fama è grandiosa, i soldi sono la chiave per condurre una buona vita).

Poi conosci te stesso per non essere trasportato dai sentimenti come in balia di cavalli selvaggi.

In seguito decodifica il messaggio della bellezza. La bruttezza è molto pericolosa. Ci mette davanti a cose dannose. Rende più difficile essere saggi, gentili e calmi. La bellezza invece ci educa alla dolcezza, equilibrio, armonia, forza.

Arriviamo al terzo punto: elimina i falsi miti. E’ importante scegliere chi ammirare. Le celebrità influenzano la nostra mentalità, le nostre idee e il nostro comportamento. Gli eroi negativi rendono affascinanti i difetti del carattere. Per questa ragione decise, sempre nel 428 a.C.,  di dare nuove celebrità ad Atene in grado di incarnare gli ideali della saggezza e del bene. La superficialità e l’apparenza non può essere un valore da perseguire.

Per questo addirittura voleva arrivare a porre fine alla democrazia. Non perché fosse un tiranno, ma perché non tutti riescono a distinguere il bene dal male.

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Per approfondire la felicità secondo Platone, guarda questo video.

Altrimenti rifugiati in un luogo sicuro: il giardino di mia nonna e una valigia di abiti vintage sono abbastanza per me.

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