Dior SS 17: la (r)evolution di Maria Grazia Chiuri

Dior SS 17: il debutto di Maria Grazia Chiuri lo attendevamo da tempo. Da quando a luglio è stato reso ufficiale il suo trasferimento dalla Maison italiana di Valentino a quella francese.

Solo due giorni fa era iniziato il conto alla rovescia sull’account instagram ufficiale. L’hashtag #thewomanbehindmydress lasciava intendere che qualcosa di imprevedibile sarebbe successo. E, per quanto avessimo provato a lavorare di fantasia, impossibile era indovinare quello che accade oggi, 30 settembre 2016.

La Dio(r)evolution. Visibile immediatamente. Ancor prima di leggerla sulle t-shirt insieme ad altri slogan. We should all be feminist. L’intento dell’acclamata stilista italiana è chiaro. Rendere Dior più evoluto e moderno che mai. Spingersi lì dove nessuno aveva mai osato. Plasmare una Audrey contemporanea: elegante e irreverente. Vestita di bianco, di nero e di rosso. Di pelle e di tulle. Che indossa t-shirt e sneakers, da un lato. Corpetti bustier, cappelli con visiera e abiti da soirée – eterei e diafani – dall’altro.

Dior SS 17: la donna dietro il vestito è vera

Difficile fare un elenco di tutto quello di cui una Maison storica ha bisogno in questo momento. Innovare, senza perdere il legame con l’heritage. Stupire, senza strafare. Diventare desiderabile sul mercato – anche il più giovane – senza trasformarsi completamente. Attuare una rivoluzione \ evoluzione. Ecco in cosa è riuscita Maria Grazia Chiuri.

Ha creato look desiderabili. Distillato gocce di desiderio in capi destinati a diventare must have. Riconoscibili al punto tale da rimanere impressi nella memoria. Così come gli elementi grafici ricorrenti comparsi sui bustier e le gonne. Le bretelle e gli elastici logati. Le t- shirt e i volumi in tulle sui micro short.

Ha introdotto la pelle. Il rock. I pois. Le dissonanze stilistiche che affondano nelle radici del femminismo moderno. Per finire poi nel sogno. Etereo e fiabesco di abiti quasi inesistenti dove i grafismi sembrano tatuati sul corpo di chi li indossa. E poco importa se per fare questo ha attinto all’antologia iconica da lei messa appunto (con Piccioli) da Valentino.

La narrazione cinematografica di Dior SS 17: hic et nunc

La musica inizia, ma le luci non si accendono. Passano i secondi e la sala rimane buia. C’è suspense e attesa.

L’attesa del piacere è essa stessa un piacere – G.E. Lessing

Quando appare il primo look è tutto, tranne che scontato. Pantalone al ginocchio e giacca trapuntata senza maniche in total white. Fibbie austere, quasi costrittive. Quasi l’immagine di una camicia di forza prima della liberazione.

In una sorta di allitterazione visiva si ripetono le sensazioni anche nei modelli successivi. Sportivi rimandi alla scherma: protezione e attacco, tipici della donna di oggi.

Ma subito dopo, la liberazione. L‘operazione di svecchiamento avviene in modo graduale. Prima compaiono gli elementi codice della Maison. L’ape da sola e poi in sciame. A seguire altri simboli: tarocchi, cuori e una spada. La narrazione si confonde e si mescola rimandando a icone pop come Madonna e icone di stile come Audrey Hepburn.  Della prima viene subito in mente l’outift in total white con corsetto in pelle e fioretto, della seconda la frangia e il composto chignon.

La collezione di Maria Grazia Chiuri è stato un processo psichico che ha sintetizzato la carica stilistica dei suoi predecessori. E’ andata oltre la filologia. Ha succhiato l’essenza e restituito l’anima. Hic et nunc, come nessuno era stato capace di fare prima.