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Surrealismo pop o no è una via di fuga

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Surrealismo pop o no è un modo di essere. Pervaso e invaso dalla realtà che ci circonda. I luoghi della quotidianità, le contingenze specifiche e le notizie dal mondo sono solo lo spunto, l’incipit, il punto di vista flash che ci offre la vita. Si può ogni giorno scegliere di fermarsi a quello, oppure andare oltre mescolando alla più o meno dura realtà, il sogno e l’inconscio.

Se si decide di non accontentarsi della sola realtà, se si pensa che il mondo onirico sia una parte fondamentale dell’esistenza, allora si è in qualche modo affetti da surrelismo, pop o no quello dipende. L’accezione di pop infatti viene dopo. E ci raggiunge quando riusciamo a esprimere e rappresentare questo immaginario dove il confine tra reale e surreale quasi svanisce, attraverso forme di espressioni apparentemente lontane fra loro.

Surrealismo pop o no è un’altra via di fuga

“Molte domande sulla natura umana trovano risposta nelle foto che costruisco, immagini fuori dal tempo e lontane dal qui e ora” – Rodney Smith

Qui non si parla di me e neanche di voi. Si parla di  Rodney Smith, fotografo statunitense. Lui si interroga sull’inconscio umano e cerca la dimensione del sogno nell’epoca moderna.

Non dovrebbe essere questo lo scopo dell’arte in genere? Partire dalla realtà, quella nuda e cruda che vediamo nei telegiornali, capire come influenza il modo di vivere e di essere delle persone che la osservano, e cercare di restituirla masticata e rielaborata? In bene o in male questo dipende solo dall’artista.

Non è questo anche lo scopo ultimo dell’architettura e la moda?

Partire dai bisogni reali della civiltà moderna e trasformarli in spazi da sogno dove vivere felici o in status symbol, fatti di abiti e accessori, capaci di farci sognare ancora una volta?

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Eliminare il confine tra reale e surreale è il surrealismo pop

Ognuno ha un modo di comunicare. C’è chi ama dare di sè una immagine felice e romantica, chi tenta la strada del patinato, chi quella del pop che quasi, senza neanche accorgersene, scivola nel kitch e chi prova a usare il mezzo di comunicazione per esprimersi, senza pensare a quale strategia stia utilizzando.

Al di là di un abito, una location, un make-up o uno scritto dovrebbe sempre vincere un messaggio. Quello che non dovrebbe mai piegarsi a nessuna logica.

E’ per questo che nelle foto che ci piacciono gli oggetti e le persone risultano sospese in una dimensione spaziale senza coordinate. In un tempo che non si sa se sia esistito realmente. La comunicazione è diretta e subdola, vuole scuotere la psicologia di chi guarda.

Qualcuno la troverà in sintonia con se stesso e quindi bella, altri fastidiosa al limite del grottesco e quindi distante. Per noi è un modo di liberarci dalle convenzioni, di sfuggire al tempo sospeso fra un passato nostalgico ed un futuro romantico, capace di richiamare alla nostra mente un qualcosa di familiare eppure non vissuto allo stesso tempo.

E’ questo il motivo perché le nostre foto vogliono guardare oltre, dentro, sotto, sopra e sottosopra e poco importa se:

“La voce del giardino è quasi impercettibile nel rumore di fondo del mondo” – cit.

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la jolie fille on vogue

Ancora una volta uno dei nostri scatti è stato pubblicato su vogue.it

Abito la Jolie Fille

shooting fotografico Elisa Rinaldi fotografa