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Decostruire è creare: l’unica risposta quando la moda diventa noiosa

Quando la moda diventa noiosa, l’unica soluzione è decostruire. E non è difficile immaginare il perché. Il decostruttivismo é, oggi, una delle espressioni più alte di creatività.

Perché?

Perché spinge ad abbandonare codici vestimentari, stereotipi, forme e strutture.  A favore di un modo diverso di vedere le cose.

È abbastanza semplice immaginare che un approccio diverso verso una stessa cosa, può salvarci dalla monotonia nella quale siamo sprofondati. Problema non solo di alcuni, ma di tutti. Proprio tutti.

Decostruire come ribellione: la risposta alla monotonia

La monotonia ci ha contagiato. Per overdose di immagini. Per eccesso di contenuti. Uso in quantità elevate. Come quando mangi, mangi, mangi e, improvissamente, dopo l’ultima briciola, sei saturo. A quel punto hai bisogno di un cambio radicale. Spesso impossibile.

Difficile cambiare stile, genere, nazione e continente. Non siamo capaci di cambiare il mondo. O perlomeno la maggiorparte di noi non sono in grado. Rassegnamoci. Possiamo però guardarlo in modo diverso e da lì lavorare su piccole modifiche in grado, perlomeno, di rompere la monotonia.

Dovremmo tutti essere un po’ ribelli. Il concetto di ribellione è forse l’unico che può realmente salvarci. Ribellarsi alle regole. Del mercato, innanzitutto.

Gli stilisti che amano decostruire

Non è, infatti un caso, che uno degli stilisti più acclamati del momento mette in pratica proprio questi due concetti:

  1. Rompere le regole. Immaginando capi iconici in modo completamente differente. Li destruttura, appunto. Scucendoli e trasformandoli. Abbottonando giacche e camicie in modo asimettrico. Indossando magliette al contrario e invertendo gli ordini. I pullover sopra i giubbotti. Le gonne sopra i pantaloni.
  2. Riprendere capi e marchi del passato, soprattutto sporty. Li rielabora, li carica di nuovi significati. Come le maxi felpe Champion che diventano oggetti di nuova venerazione. I Dr Martins e i Levi’s.

Ovviamente sto parlando di Demna. Lo stilista di Vetements, che poi è lo stesso di Balenciaga.

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Decostruire è anche un atto di coraggio

Certo ci vuole coraggio a creare un nuovo marchio e a chiamarlo genericamente “vestiti”. Così come ci vuole coraggio a rivisitare, con queste idee, una maison storica e decisamente strutturata.

Se Demna Gvasalia è il paladino dei giorni nostri, esiste un altro stilista che ha sempre fatto di questi due principi, il suo mantra: Yohji Yamamoto.

Concentrato più sull’essere che sull’apparire, ha sempre creato abiti al limite dell’arte e della scultura. Lavorando sul concetto di donna e femminilità come persona e non bambola. Teorizzando  sul narcisismo maschile, lasciandogli indossare le gonne.

Yamamoto è considerato un “intellettuale” ribelle nella moda, che in questo campo prova a realizzare il suo punto di vista attraverso l’estetica e che usa le forbici e il tessuto come armi. Egli crea nuovi volumi del corpo umano senza legarlo o avvilupparlo; il tessuto sembra accompagnare il corpo, custodendolo.

E poi ci siamo noi. Piccoli consumatori in un Universo sterminato di possibilità ai quali rimane sempre la possibilità di trasformarci in colti e creativi individui. Perfettamente in grado di aprire l’armadio e cambiare connotazione a capi stereotipati.Decostruire , decostruttivismo nella moda, outfit in total denim, Demna Gvasalia e il decostruttivismo, Yamamoto e il decostruttivismo, total outfit Zara

 

 

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